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sabato 21 febbraio 2015

Stress lavoro correlato

Lo stress lavoro correlato può essere definito come la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste dell’ambiente lavorative eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste.


È l'esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d'aiuto, qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere. Maslach e Leiter (2000) hanno perfezionato le componenti della sindrome attraverso tre dimensioni: deterioramento dell'impegno nei confronti del lavoro, deterioramento delle emozioni originariamente associati al lavoro ed un problema di adattamento tra persona ed il lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest'ultimo. In tal senso il burnout diventa una sindrome da stress non più esclusiva delle professioni d'aiuto ma probabile in qualsiasi organizzazione di lavoro. Applicando la precedente definizione ad una situazione lavorativa, l'Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (European Agency for Safety and Health at Work) ha adottato la seguente definizione: "lo stress lavoro correlato viene esperito nel momento in cui le richieste provenienti dall’ambiente lavorativo eccedono le capacità dell’individuo nel fronteggiare tali richieste".[1] L'articolo 3 dell'Accordo Europeo dell'8 ottobre 2004 - così come recepito dall'Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008 - definisce lo stress lavoro correlato come “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro” (art. 3, comma 1).

martedì 17 febbraio 2015

Cabotaggio illegale: il ministero spiega le sanzioni da applicare quando in cabina manca l'attestato del conducente


Anche i ministeri sbagliano. Anche se per fortuna poi si ravvedono. Così nella circolare diffusa congiuntamente dal ministero dell’Interno e da quello delle Infrastrutture e Trasporti lo scorso 15 gennaio per spiegare l’inversione dell’onere della prova in materia di cabotaggio illegale, introdotta con decreto legge 133/2014 (convertito con Legge 164/2014), aveva inserito non una, ma due imprecisioni. Più precisamente la mancanza sul veicolo dell’attestato del conducente quando, alla guida, si trova un soggetto extracomunitario non soggiornante di lungo periodo, non va sanzionata con l’art. 46 della Legge 298/1974, ma con la sanzione stabilita dall’art. 46 bis della medesima Legge 298/1974 che, ricordiamo, consiste nel pagamento di una somma da 5.000 euro a 15.000 euro e nel fermo del veicolo per 3 mesi (6 mesi in caso di reiterazione nel triennio). L’altra imprecisione riguarda invece la mancanza sul veicolo della copia conforme della licenza comunitaria, fattispecie non presa in considerazione nella circolare del 15 gennaio e che adesso si spiega che va ugualmente sanzionata in base allo stesso art. 46 bis già ricordato.

sabato 14 febbraio 2015

I quesiti sul decreto 81: la valutazione dei rischi in subappalto

Quesito 

E vero, così come è stato sostenuto in un corso di formazione, che un’ impresa affidataria deve descrivere nel proprio POS tutte le lavorazioni oggetto dell’appalto e contenere la valutazione dei rischi corrispondenti indipendentemente dal fatto che la stessa impresa svolga tali lavorazioni direttamente o le affidi in subappalto? Ma se così fosse come fa l’impresa affidataria, essendo il POS il DVR per il cantiere specifico, ad effettuare una valutazione dei rischi per le lavorazioni che non deve eseguire?
Risposta 
La risposta al quesito formulato richiede una lettura coordinata di alcuni articoli del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 e s.m.i. e più precisamente dell’art. 89 sulle definizioni, dell’art. 96 sugli obblighi del datore di lavoro, dell’art. 97 sugli obblighi in particolare del datore di lavoro dell’impresa affidataria, dell’art 101 sugli obblighi di trasmissione dei piani operativi di sicurezza ( POS) nonché dell’allegato XV dello stesso D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. riportante i contenuti minimi dei POS medesimi. Secondo il comma 1 lettera h) dell’art. 89 del D. Lgs. n. 81/2008, infatti, il piano operativo di sicurezza è: “il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV”,

giovedì 5 febbraio 2015

Evasione milionaria di un'azienda di autotrasporto siciliana: 22 arresti


Due arresti e sequestro di risorse finanziarie, quote di società e di 26 immobili per un valore complessivo di circa 5,8 milioni di euro. È questo l'esito dell'inchiesta Dark Truck 2 condotta dalla Guardia di Finanza di Palermo e di Messina, che ha portato alla luce un giro di false fatturazioni prodotte da società di comodo create ad hoc per favorire l'evasione di aziende di autotrasporto. Agli arresti domiciliari sono finiti Andrea Currò, amministratore della messinese Currò Trasporti S.r.l. e il suo consulente fiscale, Michele Nigrelli. Ieri sono stati arrestati Graziella Currò, amministratrice dell’Europa Trasporti S.r.l., società filtro posta fra la Currò Trasporti di cui è socia insieme al fratello Andrea, e le cooperative palermitane che emettevano le false fatture e Giuseppe Costanza, amministratore della Inlog S.r.l., altra società costituita proprio per emettere fatture false alla Currò Trasporti, Antonino Sorberai, Dino Vaccaro, Alvise Arrigo Lipari, i diversi amministratori della One Service Global S.r.l., sempre accusata di aver emesso fatture false alla Currò Trasporti. Nell’inchiesta è anche coinvolto Giuseppe Leggio, amministratore della Fishy Biziness Ltd, società inglese acquirente delle quote societarie detenute dai Currò nell’Europa Trasporti S.r.l., accusata della distruzione della contabilità della società. Insieme agli arresti le Fiamme Gialle hanno posto sotto sequestro circa 310mila euro, l’intero capitale sociale della Currò Trasporti (2,3 milioni di euro), le quote societarie detenute dagli indagati in 7 società, per complessivi 2,9 milioni di euro) e 26 immobili per un valore complessivo di circa 250mila euro.